Tarocchi e Archetipi – La via del Matto Vol. III

Il percorso del Bagatto descritto nel primo volume[1]evidenzia il legame esistente tra gli aspetti legati all’identità e tutti i numeri afferenti al quattro: è possibile effettuare un viaggio di svelamento dell’identità attraverso gli Arcani che contengono il numero quattro, le sue espansioni e i suoi multipli.

Prendiamo ora in esame l’Imperatore e l’Appeso, rispettivamente quarta e dodicesima Lama dei Tarocchi.

                                                      

 

È evidente la similitudine della posizione delle gambe a formare graficamente un 4 nelle due carte: l’Imperatore vi prende appoggio verso il suolo, l’Appeso è legato al cielo. L’Imperatore porta in avanti piegandola la gamba destra che l’Appeso invece flette all’indietro.

L’Arcano IIII tiene in mano un regolo indicante la Legge e sul copricapo ha un compasso[2], che Dante nel Paradiso (19, 40-42) descrive così:

«Colui che volse il sesto / allo stremo del mondo, e dentro ad esso / distinse tanto occulto e manifesto».

A voler significare che il supremo Artefice è infinito ma il risultato della sua Opera è definito ed in esso alcune cose sono intellegibili e altre no.

L’Imperatore ci inserisce nel quattro che attiene al quadrato, alla materia, un mondo definito da regole precise che egli indica e impone. Il sovrano prende appoggio in terra con la gamba sinistra lasciando libera la destra ad indicare l’azione concreta: egli agisce nella materia e ne rispetta le regole. La sua identità è corporea, qui si costruisce la personalità, è il padre che riconosce il figlio anagraficamente e fisicamente, e gli insegna le regole della vita.

Nel passaggio dal quattro al dodici, il multiplo mancante è l’otto: ricordiamo che la Chiesa celebra la resurrezione di Cristo l’ottavo giorno[3],mostrando agli uomini che la morte non esiste. I Vangeli descrivono la figura di Cristo come colui che tracciò la via dell’amore: seguire il suo insegnamento significa seguire la via del cuore svelando l’illusione di separazione fra materia e Spirito. Nel Tarocco ritroviamo il numero otto nella Giustizia che siede su un grande cuore rosso stilizzato: attraverso la via del cuore l’identità passa dal piano fisico/materiale a quello energetico/animico. La linea dell’Anima, della quale Giustizia è il portale, consente di collegare la materia allo Spirito attivando un dialogo altrimenti impossibile. L’Appeso ci rende coscienti che la nostra nozione di materia è un’illusione, che occorre cercare la realtà in cielo come abbiamo visto nel Fedone, che per vederla dobbiamo capovolgere lo sguardo e per comprenderla ribaltare le regole: il quattro non è più nella terra ma nella volta celeste. Non è più possibile riconoscersi nell’identità definita dall’Imperatore, le regole, le leggi, l’azione stessa non sono qui materiali, come sottolinea l’Appeso anteponendo la gamba sinistra ricettiva. Non è più possibile rispettare leggi falsate da una visione distorta della realtà, adeguandoci tradiremmo la nuova coscienza acquisita: con l’Arcano XII siamo al cospetto dell’iniziato che tradisce la legge parziale per non tradire quella universale. Questo è il significato dell’archetipo insito nel numero dodici, ed è verosimile pensare che gli antichi legislatori nel definire la punizione da infliggere ai traditori appendendoli per le gambe a testa in giù, siano entrati in risonanza con questo archetipo. Il tradimento è uno fra i tanti aspetti presenti in esso: colui che non tradisce se stesso può in taluni casi tradire le leggi scritte dagli uomini[4], ma certamente non è questo il solo aspetto dell’archetipo, né tanto meno il più rilevante. Non sono affatto gli usi e le abitudini messi in atto per secoli dagli uomini ad aver caricato di significato il simbolo, ma è esattamente il contrario: gli usi e le abitudini hanno attinto dall’archetipo che è universale.

Ad ulteriore dimostrazione di questa tesi, troviamo un altro collegamento spostandoci dalla parte opposta del globo terrestre presso le isole Nuove Ebridi nel Pacifico, dove vigeva l’antico rito Gkol: per migliaia di anni i nativi si sono lanciati nel vuoto da torri di legno alte venticinquemetri, legati alle caviglie con una liana. Era un rito d’iniziazione che segnava il passaggio dei giovani dall’età dell’adolescenza a quella adulta, solitamente compiuto verso i dodici anni  (…)

[1]Cfr. S. Secchi, A. Atti, Tarocchi e Archetipi – La voce della Stella,Vol. 1, ed. Hermatena, Bologna 2013

[2]Cfr. S. Secchi, A. Atti, Tarocchi e Archetipi – La voce della Stella,Vol. 1, pag.60, ed. Hermatena, Bologna 2013

[3]Perciò, il Signore stesso, spogliando con la sua risurrezione la mortalità della carne, risvegliando un corpo non certo diverso, e tuttavia per sempre immortale, ha contrassegnato con la sua risurrezione il giorno della domenica, il terzo dopo il giorno della sua passione: ma nell’ordine dei giorni dopo il sabato, l’ottavo che è anche il primo. Sant’Agostino, Discorso ai neofiti, 1 e 3

[4]Un esempio per tutti: si pensi a coloro che durante la seconda guerra mondiale disattesero le leggi razziali per salvare la vita agli ebrei.