Perché scrivere un altro libro sui Tarocchi? Perché il cammino alla scoperta di sé non ha fine, come il viaggio del Matto.

Se il Percorso del Bagatto ci istruisce sulla crescita comune a ogni essere umano, e il Mandala Tarologico ci guida a riconoscere il proposito vitale espresso dai dati di nascita individuali, il cammino offerto dall’Arcano senza numero spazia fra confini assai più vasti, fuori dalle righe.

Aprendoci alla visione, il Matto prende per mano i lati intuitivi e creativi addormentati nel cervello e nell’Anima di ciascuno e li conduce fuori dagli schemi usuali, verso acquisizioni potenti ed inaspettate.

La sfida di questo momento evolutivo consiste nel risveglio del potere personale, al servizio di un’Umanità in armonia con la Terra e con il cosmo: la via indicata dal Matto, talmente padrone della struttura da poterla trascendere, cattura il lettore con la promessa del miracolo realizzato, insegna a chi vorrà seguirlo un uso affascinante della follia che rende liberi.

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L'IMPERATORE E L'APPESO

Il percorso del Bagatto descritto nel primo volume[1]evidenzia il legame esistente tra gli aspetti legati all’identità e tutti i numeri afferenti al quattro: è possibile effettuare un viaggio di svelamento dell’identità attraverso gli Arcani che contengono il numero quattro, le sue espansioni e i suoi multipli.

Prendiamo ora in esame l’Imperatore e l’Appeso, rispettivamente quarta e dodicesima Lama dei Tarocchi.

È evidente la similitudine della posizione delle gambe a formare graficamente un 4 nelle due carte: l’Imperatore vi prende appoggio verso il suolo, l’Appeso è legato al cielo. L’Imperatore porta in avanti piegandola la gamba destra che l’Appeso invece flette all’indietro.

L’Arcano IIII tiene in mano un regolo indicante la Legge e sul copricapo ha un compasso[2], che Dante nel Paradiso (19, 40-42) descrive così:

«Colui che volse il sesto / allo stremo del mondo, e dentro ad esso / distinse tanto occulto e manifesto».

A voler significare che il supremo Artefice è infinito ma il risultato della sua Opera è definito ed in esso alcune cose sono intellegibili e altre no.

L’Imperatore ci inserisce nel quattro che attiene al quadrato, alla materia, un mondo definito da regole precise che egli indica e impone. Il sovrano prende appoggio in terra con la gamba sinistra lasciando libera la destra ad indicare l’azione concreta: egli agisce nella materia e ne rispetta le regole. La sua identità è corporea, qui si costruisce la personalità, è il padre che riconosce il figlio anagraficamente e fisicamente, e gli insegna le regole della vita.

Nel passaggio dal quattro al dodici, il multiplo mancante è l’otto: ricordiamo che la Chiesa celebra la resurrezione di Cristo l’ottavo giorno[3],mostrando agli uomini che la morte non esiste. I Vangeli descrivono la figura di Cristo come colui che tracciò la via dell’amore: seguire il suo insegnamento significa seguire la via del cuore svelando l’illusione di separazione fra materia e Spirito. Nel Tarocco ritroviamo il numero otto nella Giustizia che siede su un grande cuore rosso stilizzato: attraverso la via del cuore l’identità passa dal piano fisico/materiale a quello energetico/animico. La linea dell’Anima, della quale Giustizia è il portale, consente di collegare la materia allo Spirito attivando un dialogo altrimenti impossibile. L’Appeso ci rende coscienti che la nostra nozione di materia è un’illusione, che occorre cercare la realtà in cielo come abbiamo visto nel Fedone, che per vederla dobbiamo capovolgere lo sguardo e per comprenderla ribaltare le regole: il quattro non è più nella terra ma nella volta celeste. Non è più possibile riconoscersi nell’identità definita dall’Imperatore, le regole, le leggi, l’azione stessa non sono qui materiali, come sottolinea l’Appeso anteponendo la gamba sinistra ricettiva. Non è più possibile rispettare leggi falsate da una visione distorta della realtà, adeguandoci tradiremmo la nuova coscienza acquisita: con l’Arcano XII siamo al cospetto dell’iniziato che tradisce la legge parziale per non tradire quella universale. Questo è il significato dell’archetipo insito nel numero dodici, ed è verosimile pensare che gli antichi legislatori nel definire la punizione da infliggere ai traditori appendendoli per le gambe a testa in giù, siano entrati in risonanza con questo archetipo. Il tradimento è uno fra i tanti aspetti presenti in esso: colui che non tradisce se stesso può in taluni casi tradire le leggi scritte dagli uomini[4], ma certamente non è questo il solo aspetto dell’archetipo, né tanto meno il più rilevante. Non sono affatto gli usi e le abitudini messi in atto per secoli dagli uomini ad aver caricato di significato il simbolo, ma è esattamente il contrario: gli usi e le abitudini hanno attinto dall’archetipo che è universale.

Ad ulteriore dimostrazione di questa tesi, troviamo un altro collegamento spostandoci dalla parte opposta del globo terrestre presso le isole Nuove Ebridi nel Pacifico, dove vigeva l’antico rito Gkol: per migliaia di anni i nativi si sono lanciati nel vuoto da torri di legno alte venticinquemetri, legati alle caviglie con una liana. Era un rito d’iniziazione che segnava il passaggio dei giovani dall’età dell’adolescenza a quella adulta, solitamente compiuto verso i dodici anni  (…)

[1]Cfr. S. Secchi, A. Atti, Tarocchi e Archetipi – La voce della Stella,Vol. 1, ed. Hermatena, Bologna 2013

[2]Cfr. S. Secchi, A. Atti, Tarocchi e Archetipi – La voce della Stella,Vol. 1, pag.60, ed. Hermatena, Bologna 2013

[3]Perciò, il Signore stesso, spogliando con la sua risurrezione la mortalità della carne, risvegliando un corpo non certo diverso, e tuttavia per sempre immortale, ha contrassegnato con la sua risurrezione il giorno della domenica, il terzo dopo il giorno della sua passione: ma nell’ordine dei giorni dopo il sabato, l’ottavo che è anche il primo. Sant’Agostino, Discorso ai neofiti, 1 e 3

[4]Un esempio per tutti: si pensi a coloro che durante la seconda guerra mondiale disattesero le leggi razziali per salvare la vita agli ebrei.